Le nostre SPECIALITÀ
Spampezia, Crèfli e Panettone Ticinese

La Spampezia

Un dolce dalla crosta croccante, un ripieno a base di noci macinate e una ricetta custodita con amore: sono queste le caratteristiche dello “spampézi”.

 

Tratto dal libro Confidenze col Merlot, 1949 di Guido Calgari

“Una menzione speciale vorrei tuttavia tributare al dolce folcloristico di Faido, nel quale si sposano cucina e arte, tradizione e religione; le «spampezie», due sottili pezze di pasta dura tra le quali, come nelle valve di una conchiglia, è serrato un ripieno composto di noci tritate, miele, liquori e burro; il ripieno viene leggermente soffritto, mentre si colloca la prima copertina di pasta sopra il «mòdulo» di legno; notate che i moduli hanno secoli e secoli, sono tradizione di ogni famiglia, sacri come i mobili di casa; vennero incisi da ignoti artigiani, riproducono scene del Vangelo – lo Sposalizio della Vergine, il Natale – o fiori della montagna o animali o cuori d’innamorati; con la punta delle dita si fa aderire lestamente la pasta alle cavità dell’intaglio, poi si colma ogni dislivello con il fragrante ripieno; si getta sopra la seconda coperta, si ritaglia il superfluo intorno al modulo, si mette nel forno. 

Storia

Le spampezie si producono solo a Faido, Prato, Dalpe, Osco, Chiggiogna o in altri comuni della bassa valle come Bodio, Personico e Pollegio. Alcuni affermano che Osco è la patria delle spampezie. È risaputo che molti dei suoi abitanti emigrarono per lavorare nei ristoranti di altri stati europei e sicuramente tornarono con nuove ricette, ma non vi sono prove che le spampezie si siano diffuse a partire da lì.
Sembra che il nome originale sia panspezi, cioè “pan di spezie”, e che in seguito la “s” sia stata anticipata per dare le forma spampezie, spampezi o spanpezi. Etimologicamente si tratterebbe di un pane di spezie. Diversi tipi di pan di spezie o panpepati sono prodotti nel resto della Svizzera, per esempio i Biber di San Gallo o i Tirggel zurighesi, che forse hanno influenzato la tradizione leventinese. In Leventina i dolci erano meno rari che altrove, ma erano comunque destinati soprattutto a occasioni speciali come feste religiose o sagre di paese: le spampezie erano biscotti tipici delle festività natalizie così come i crèfli, biscotti simili, anch’essi prodotti in Alta Leventina.
Troviamo traccia dell’esistenza di spampezie e crèfli fin dalla seconda metà del XVIII secolo, grazie alla collezione, esposta nel Museo di Leventina, di stampi decorati che risalgono a quell’epoca e che erano utilizzati per preparare i due tipi di biscotti. Si tratta di forme in legno, che possono avere diverse fogge, intagliate su una facciata per illustrare una figura che a volte richiama una festa particolare, altre lo stemma di una casata. Molte immagini fanno riferimento a motivi religiosi come il matrimonio, il battesimo, Natale.
Troviamo perfino simboli legati alla Pasqua: siccome si conservano a lungo, crèfli e spampezie potevano essere preparati in inverno e consumati a primavera, quindi anche per la Settimana Santa. Purtroppo gli scritti sulle tradizioni leventinesi non ci hanno lasciato tracce della produzione di spampezie, ma la collezione del Museo di Leventina, con i suoi stampi del XIX, attesta la continuità del consumo di questi dolci.
Nel XX secolo, alcune fonti rievocano la produzione di spampezie. Secondo la pubblicazione Donne ticinesi: rievocazioni (1928) si preparavano spampezie anche senza ripieno e senza moduli, tagliando la forma voluta (spesso un cuore) direttamente sulla pasta spianata.
Guido Calgari, nel suo articolo Tradizioni natalizie di Faido: le panspezie, pubblicato nel 1968-69, racconta come si aggiungessero al ripieno spezie come cannella, chiodi di garofano, noce moscata. Questi aromi esotici dovevano essere accessibili grazie alla posizione strategica della Leventina.
Gli altri ingredienti erano invece a portata di mano: miele e burro si producevano in casa e le noci si raccoglievano dagli alberi che crescevano nei dintorni. Spesso si preparavano tante spampezie in una volta sola, con moduli diversi, e si lavorava in gruppo: ognuno prestava man forte per impastare, spianare la pasta, posare il ripieno,…
Si preparavano per le feste di fine anno, oppure per le feste patronali, chiamate anche chilbi, termine usato del resto anche nella Svizzera tedesca. Si portavano poi al forno del prestinaio per cuocerle.
A partire dagli anni 1950, con le trasformazioni socio-economiche del dopoguerra e i cambiamenti alimentari conseguenti, le spampezie hanno perso un po’ della loro notorietà: si tratta infatti di dolci troppo grossi per le famiglie poco numerose di quest’epoca e troppo “pesanti” per le nuove abitudini alimentari.
La loro produzione rimane comunque attiva. Il metodo di preparazione di base è rimasto fino ad oggi pressochè intatto: ognuno però ha la sua ricetta personale, che difficilmente viene rivelata. Anche la tradizione di preparare le spampezie per le feste patronali rimane viva, soprattutto ad Osco. Production Ognuno ha la sua ricetta per le spampezie. Quel che le accomuna tutte è una pasta di farina, panna, burro, zucchero e succo di limone e un ripieno composto di noci (alcuni aggiungono anche nocciole), pane grattugiato e grappa. Occorre inoltre un modulo per stampare i biscotti.
A Osco molte famiglie conservano ricette di questi dolci, che vengono preparati soprattutto in inverno per le feste natalizie. Da qualche anno un gruppo di abitanti ne prepara anche in occasione della festa del patrono di Osco, verso la fine del mese di agosto. Le spampezie vengono vendute durante la festa e il ricavato è devoluto alla parrocchia.

Ricetta

La spampezia è un dolce tipico dalla Media Valle leventina.
È un grosso biscotto di pasta frolla croccante arricchita con un ripieno a base di: noci, burro, miele, zucchero e grappa. Le sue origini si dice siano di Osco, paesino situato sopra Faido-Polmengo, ma si sostiene anche che furono i frati capuccini di Faido a produrli per la prima volta. Lasciamo aperto il mistero!
La caratteristica del dolce è il sapore di grappa che si percepisce tra il gusto delle noci. Ogni famiglia ha la sua ricetta e le proprie forme intagliate nel legno custodite gelosamente, per questo motivo esistono diverse versioni.
Gli ingredienti principali sono: farina di frumaneto 00, burro, noci, grappa, miele, zucchero ,aromi e spezie. Nella nostra produzione non usiamo i moduli di legno per questioni di tempo, questo particolare non cambia assolutamente la qualità del prodotto. Viene prodotta durante tutto l’arco dell’anno.
Consiglio per la consumazione : servire la spampezia a temperatura ambiete cosi che il gusto del burro e della grappa risaltano maggiormente sul palato.

Gli stampi

I crèfli e le spampezie erano dolci che le famiglie leventinesi confezionavano, di solito, in occasione di una festa.
Per meglio evidenziare il significato ed il valore della festa li si decorava con simboli specifici scolpiti nel legno degli stampi (chiamati anche «moduli»).
Questi artistici utensili, generalmente, erano opera di qualche abile artigiano locale: raramente erano di provenienza svizzero tedesca, in particolare da Brienz, villaggio nel Canton Berna dove, nel solco di una collaudata tradizione, lavorano ancora parecchi intagliatori di legno.
Prima dell’uso i «moduli» dovevano essere cosparsi con una manciata di farina, altrimenti la pasta sarebbe rimasta attaccata. Dopo l’uso non bisogna lavarli, ma unicamente spazzolarli, così si conservano meglio.
Veniamo ora all’analisi di alcuni simboli riprodotti sugli stampi.

Il pesce

Nella collezione del Museo di Leventina il pezzo più bello con il pesce proviene da Osco.
É elegante, quasi guizzante, sagomato, scolpito da mano esperta: alla mancanza delle pinne suppliscono le squame.
Il pesce è un simbolo religioso cristiano, è una professione di fede e di appartenenza a Gesù Cristo.

L’aquila bicipite

L’aquila bicipite la troviamo su tre stampi di Giornico. Nelle Alpi l’aquila era l’uccello più ammirato e temuto. Vola alto sopra le vettee si credeva che potesse guardare direttamente il sole.
Era un uccello-simbolo circodato da moltissime leggende, quasi mitizzato. L’aquila bicipite spazia il suo sguardo ovunque, quindi è simbolo e custode dei due mondi, il cielo e la terra.

Il matrimonio

In un mondo contadico dove l’esistenza di ogni essere umano era interamente legata all’avvicendarsi delle stagioni, al nascere, al crescere e al riprodursi di piante e animali, ben altra forza avevano le parole: Andate, moltiplicatevi e riempite tutta la terra. Il matrimonio, oltre che unione di due persone che si amano, era necessità assoluta per la sopravvienza individuale e delle piccole comunità valligiane.
Stupendi, ingenui, cattivanti, gli stampi con gli sposi immortalano un giorno straordinario: l’uomo porta il cappello e la sposa ha i capelli acconciati come si conviene.
Sembra di aver l’illustrazione per una pagina dei Promessi Sposi.

Tratto da “Crèfli e Spampezie, due specialità leventinesi (Museo di Leventina)”

I Crèfli

Secondo l’etimologia popolare crèfli deriva dal tedesco “Kraft” (forza) e sta ad indicare la virtù nutritiva di questo dolce alimento.
La tradizione airolese ripresa su una locandina da un provetto fornaio di Airolo per presentare il suo prodotto, vuole infatti che “già nel secolo scorso i postiglioni che transitavano sul Passo del San Gottardo in giornate dredde e di bufera, mettevano sotto i denti un crèfli.
In effetti i crèfli si sciolgono lentamente in bocca e, essendo confenzionati con molto miele e zucchero, riforniscono in modo continuo l’organismo di sostanze zuccherine, le quali, notoriamente, danno forza.”

Anche i cusciadoo (gli spalatori di neve airolesi incaricati di mantenere aperto il Paddo del San Gottardo durante tutto l’inverno), praticamene scomparsi nell 1882 con l’apertura della linea ferroviaria del San Gottardo, usavano rifocillarsi, di crèfli per poter assolvrer, anche nei momenti in cui le fortze della natura sembravano voler sopraffare l’uomo, il loro difficile compito.

Secondo le informazioni raccolte dai curatori dell'”Atlante del folclore svizzero”, i crèfli si sono diffusi a partire dalla Svizzera centrale verso est fino alla regione dei laghi di Zurigo e di Walenstadt, attraverso i Cantoni di Svitto e di Zugo, verso ovest, attraverso il Brünig, fino a Brienz e nella valle di Goms, e così pure in Val Leventina e in qualche località del Canton Grigioni.

Panettone Ticinese

Per gustare il Panettone come merita e apprezzarne la straordinaria fragranza e morbidezza, è indispensabile portarlo prima alla temperatura ambiente di circa 22-24°C. Solamente allora il Panettone svela per intero tutte le sue caratteristiche gustative.

Ingredienti
Farina di frumento, frutta candita (arancini e cedro), zucchero, uva sultanina , burro , tuorlo d’uovo, miele, sale da cucina iodato, aromi naturali.